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Cultura
COME LO IYENGAR YOGA É STATO DI AIUTO DURANTE IL RICOVERO
2022-01-18
Come ho affrontato con lo yoga di Iyengar
l’infezione da SARS-CoV-2
Fabrizio Rocchetto
Ho contratto il virus SARS-CoV2 (COVID) attraverso il contagio di un familiare asintomatico a metà ottobre 2020 in macchina nel corso di un’escursione in montagna. Dal momento del contagio ai primi sintomi sono trascorsi circa 6 giorni. I primi segni sono stati raffreddore, lieve mal di gola. Successivamente è comparsa la tosse secca. Poiché la saturazione misurata in casa con il pulsossimetro peggiorava (<92) il medico mi ha prescritto di andare in ospedale per fare una tac per il sospetto di una polmonite interstiziale che è stata confermata. Sono rimasto quattro giorni su una barella nel corridoio del Pronto Soccorso COVID in attesa che trovassero un posto in reparto. Il ricovero è durato in tutto due settimane nel corso delle quali sono stato curato con i farmaci e l’ossigeno: in particolare per tre giorni ho respirato attraverso una maschera, simile a quella dei piloti di aereo, che si chiama c-pap e che ti “soffia” ossigeno nei polmoni. Sono stato ricoverato prima che iniziasse l’insufficienza respiratoria – che non ho mai avvertito se non per la difficoltà di alzarmi, camminare e mangiare – che si è manifestata durante il ricovero.
Rapidamente mi sono ripreso probabilmente anche perché non ho mai fumato, non ho patologie, non prendo medicine. Ma la sorte gioca una ruolo fondamentale. Dopo le dimissioni sono rimasto per venti giorni in isolamento in una stanza a casa senza entrare in contatto con nessuno prima dell’esito negativo del tampone molecolare (in totale 40 giorni). Al controllo, la TAC ha evidenziato gli esiti della polmonite ma in forma lieve ed oggi risulto – parole del pneumologo - “perfettamente guarito” e con una capacità polmonare “superiore del 30% rispetto ai valori normali”.
Cosa mi ha aiutato durante il ricovero.
Non è stato semplice rimanere praticamente immobile su una barella per quattro giorni al pronto soccorso, vestito. Ho avuto tre risorse: lo yoga di Iyengar, l’esperienza della montagna e la vicinanza dei familiari e degli amici. È stato fondamentale poter avere a disposizione il telefonino con caricabatterie e il kindle. Non potevo ricevere visite e anche il ritmo del riposo risentiva dei ritmi senza sosta del reparto. Non ho mai visto il viso del personale che era completamente vestito di bianco con mascherina e visiera. I rumori delle apparecchiature mediche hanno sempre accompagnato la giornata: nel pronto soccorso c’erano cinquanta pazienti alcuni dei quali psichiatrici col covid che si lamentavano. Nel reparto eravamo in quattro per stanza, dietro il vetro blindato della terapia sub intensiva. Un giorno sono morte due persone nei letti a fianco del mio. Tutti i pazienti nella mia stanza avevano il diabete e patologie pregresse. Sono stato seguito ottimamente dal punto di vista medico. Il personale infermieristico dell’ospedale S.Andrea ha lavorato senza sosta con turni massacranti in una dimensione surreale nonostante le decisioni politiche/sanitarie prese negli anni passati che hanno penalizzato le assunzioni nella sanità pubblica.
Ho utilizzato gli insegnamenti di Guruji e di Geeta che mi sono stati trasmessi da Grazia Melloni la mia insegnante. Ho pensato più volte all’insegnamento di Grazia che colpendo energicamente il corpo mi diceva che dovevo abbassare il mio Ego e che dovevo praticare senza forza. Mi è stato molto utile lavorare per le due settimane del ricovero come se stessi facendo la pratica, restando concentrato e nei momenti più difficili – come quando non riuscivo a dormire o doveva essere effettuato il prelievo del sangue arterioso sul braccio, l’emogasanalisi, un esame fondamentale che richiede di collaborare rimanendo rilassati – cercare di praticare savasana. Così come di grande aiuto mi è stata la respirazione inferiore, posteriore e laterale del pranayama. Ho pensato spesso alla mia esperienza di escursioni in montagna e ai passaggi difficili dove si rischiava di cadere e dove serviva molta concentrazione. La fatica di rimanere concentrato su di me, di respirare regolarmente, di essere tonico ma “senza forza” è stato l’impegno maggiore. Durante i giorni dell’insufficienza respiratoria, non riuscivo ad avere una inspirazione ed una espirazione regolare ma era “frammentata”, come a “gradini”, una sensazione stranissima su cui ho molto lavorato, per recuperare la fluidità del respiro. È stato fondamentale seguire gli insegnamenti di non forzare mai la respirazione né durante il ricovero né durante la convalescenza aspettando che progressivamente la respirazione recuperasse profondità e naturalezza. Anche le asanas sono state praticate con grande cautela.
Durante la convalescenza mi ha molto aiutato parlare di pranayama con Maura Sorrentino, rivedere il video di Gabriella Giubilaro sul pranayama in particolare per il rilassamento, il programma di Lois Steinberg distribuito dalla LOY e “Covid 19 ricovery” della Iyengar Yoga UK. Ringrazio il past-president della LOY Carlo Sobrero e l’attuale presidente Monica Calvetti, Serena Angeletti, Anna Frinolli, Deborah Ralls e Maura Sorrentino per la grande vicinanza che mi hanno testimoniato oltre ai miei allievi e gli altri insegnanti.
Virasana in avanti con i supporti mi è stato di grandissimo aiuto.
Ma soprattutto esprimo gratitudine a Guruji e Geeta per i loro insegnamenti. Mi ha aiutato anche il senso di appartenenza alla LOY.
Penso di aver iniziato con la malattia un nuovo percorso caratterizzato da una percezione più “sottile” nella pratica e nella vita quotidiana. Non è mai troppo tardi.
Fabrizio Rocchetto - Insegnante della Associazione Iyengar Yoga – insegna nel Centro Iyengar Yoga Roma di via Tagliamento, 45